CONFINE ORIENTALE-GIORNATA DEL RICORDO

10 FEBBRAIO “GIORNATA DEL RICORDO” dal 2004

Istituita “per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, l’esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra e la più complessa vicenda del confine orientale d’Italia”.

Ricorda le foibe istriane (settembre 1943), le foibe triestine e carsiche (1 maggio-15 giugno 1945), l’esodo della popolazione italiana dall’Istria, dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, occupate dall’esercito di liberazione iugoslavo di Tito (maggio 1945-febbraio 1947).

Le popolazioni del confine orientale siano esse di lingua italiana, slovena o croata pagarono più di tutte le altre, le conseguenze drammatiche della guerra. Quella italiana in particolare, con l’abbandono della terra e la perdita dei beni, ebbe, con l’arrivo in Italia, difficoltà e disagi di ogni genere.

Queste sono state le conseguenze, gli effetti drammatici, di una lunga storia che ha investito quei territori fin dalla seconda metà del XIX secolo quando quei territori appartenevano all’impero austroungarico. E la causa o meglio le tante cause che hanno determinato questi gravi avvenimenti ?

LA GUERRA: o meglio ancora le guerre, in particolare quelle che si sono combattute nel secolo scorso, per la loro ferocia, per il numero delle vittime, per il cambiamento delle caratteristiche proprie rispetto a tutte le precedenti (dallo scontro di eserciti in campo aperto, alla trincea della GM I, al fronte diffuso con il coinvolgimento delle popolazioni, nella GM II), legate allo sviluppo tumultuoso della tecnica e delle armi utilizzate sul campo.

LE CAUSE possono essere esaminate sotto vari aspetti, ognuno dei quali svela una parte del complesso problema del confine orientale italiano nelle diverse aree: dalla storia alla geografia, dall’etnia alla religione, dalla politica nazionale a quella internazionale, alle alleanze militari.

Ripercorrere la storia di quelle terre fino alla III Guerra di Indipendenza, la cui conclusione, consente al Regno d’Italia di annettere il Veneto (vedere la cartina con il confine 1866). Popolazioni che si sono succedute nell’area: Norici, Liburni, Istri, Illirici, Celtici

TRIESTE: antico centro dei Liburni, poi degli Istri, e dei Galli Cenomani. Romana dal II sec. a.C. (Tergeste), fino alla caduta dell’impero romano d’occidente (intorno al 401 d.C.), passò in seguito ai Goti, ai Greci, ai Longobardi, ai Franchi. Libero comune nell’XI sec., poi sottoposto al patriarca di Aquileia. Nel XIII sec. passò con Venezia ottenendo grande autonomia. Nel 1382 diventò possesso degli Asburgo subendo un processo continuo di decadenza. Nel 1719 riprese vitalità come porto franco. Conquistata dai francesi in età napoleonica (1797, 1805, 1809), ritornò agli Asburgo fino al 1918. Dopo il 1850 ottenne grande autonomia amministrativa. Con l’annessione del Veneto all’Italia (1866, III Guerra d’Indipendenza), si sviluppò nella popolazione di lingua italiana un forte movimento irredentista variamente represso da Vienna (Oberdanc, 1882), e un analogo movimento sloveno per l’unità delle popolazioni slovene (Carinzia, Stiria, Slovenia Veneta, Trieste, Istria).

CIVIDALE: Forum Julium (II sec. a.C.), importante centro romano, capitale di un ducato Longobardo. Distrutto dagli Avari nel 620, risorse e divenne sede longobarda. Nel 769 fu sede del Concilio che riconobbe l’indissolubilità del matrimonio. Danneggiato dalle invasioni ungariche, risorse ancora intorno al XI sec.. Sottomessa a Venezia ebbe notevole importanza culturale che perse durante il dominio austriaco.

AQUILEIA: colonia romana già nel 181 a.C., distrutta da Attila nel 452. Nel medioevo fu retta da un principe vescovo. Nel 1420 passò a Venezia e nel 1509 all’Austria. All’Italia nel 1918.

SVILUPPO DEL NAZIONALISMO e dell’irredentismo di matrice italiano nella Venezia Giulia e Istria, nella seconda metà dell’800.

NAZIONALISMO: nella prima metà dell’800, il N. indicava “la nazione come comunità di sentimenti e di interessi coesistenti pacificamente e pariteticamente con altre nazioni (tipica è la combinazione di N. e solidarietà internazionale in Mazzini).

Nella seconda metà dell’800 il N. assume aspetti strettamente connessi alla reazione interna contro la democrazia parlamentare, e spinte verso l’espansionismo delle potenze europee, impegnate in una gara di supremazia e in una proiezione degli interessi nazionali (colonialismo). Il punto di svolta fu l’unificazione tedesca del 1870 che sconvolse l’equilibrio europeo e accelerò la decomposizione degli imperi multinazionali austro-ungarico e ottomano. In Italia si presentò inizialmente come movimento culturale elitario, letterario ed estetizzante, con D’Annunzio, verso la fine dell’800, a cui seguì una fase più propriamente politica che portò all’elaborazione di una dottrina legata ai nomi di E. Corradini, L. Federzoni, F. Coppola, A. Rocco, sostanzialmente antidemocratica, antisocialista, antiparlamentare, imperialista e filo protezionista. Partendo dall’assunto che non erano ipotizzabili società superiori e più ampie della società nazionale, i nazionalisti vedevano i rapporti tra le nazioni come puri rapporti di potenza e spostavano il conflitto di classe sul piano internazionale, come confronto anche armato, fra le nazioni “proletarie” e le nazioni più “ricche” portatrici di civiltà. Gli effetti concreti, sostenuti da una incessante campagna propagandistica, si ebbero con gli interventi nella guerra di Libia (1911-1912), nella prima Guerra Mondiale, nella “vittoria mutilata”.

Il N. ebbe il suo strumento organizzativo nell’Associazione Nazionale Italiana, fondata a Firenze nel 1910, poi trasformata in Partito e confluita nel fascismo nel febbraio del 1923.

IRREDENTI giuliani e trentini

OBERDANK GUGLIELMO patriota (Trieste 1858-1882). A Vienna per studio (1877), fuggì a Roma (1878), per sottrarsi al servizio militare quando l’Austria mobilitò per occupare la Bosnia Erzegovina. Deciso ad attentare alla vita dell’imperatore Francesco Giuseppe, partì per TS (1882), con l’istriano Donato Ragosa, ma fu arrestato dalla polizia austriaca mentre Ragosa riusci a fuggire. Processato, fu impiccato.

SAURO NAZARIO patriota (Capodistria 1880- Pola 1916), capitano della marina austriaca, sostenitore dell’irredentismo istriano, nella GM I passò alla marina italiana: In missione nel golfo del Quarnaro per colpire alcune   postazioni austriache fu catturato e identificato come cittadino austriaco e impiccato per alto tradimento.

FILZI FABIO patriota (Pisino d’Istria 1884- Trento 1916), irredentista, arruilatisi nell’esercito italiano nella GM I fu catturato dagli austriaci e impiccato con Cesare Battisti.

BATTISTI CESARE patriota (Trento 1875-1916), politico irredentista fece studi universitari a Firenze dove elaborò le sue dottrine democratiche e socialiste. Rientrato a TN le propagandò sul quotidiano “Il popolo” propugnando l’indipendenza delle minoranze italiane sotto dominazione austriaca. Allo scoppio della I Guerra Mondiale disertò arruolandosi volontario tra gli alpini italiani. Nel 1916 fatto prigioniero dagli austriaci fu condannato a morte per alto tradimento nel castello del Buon Consiglio.

CHIESA DAMIANO patriota (Rovereto 1884-Trento 1916), arruolatosi nell’esercito italiano, catturato dagli austriaci fu condannato a morte.

SITUAZIONE ETNICA nell’area giuliana tra il 1910 e il 1921.

Come si evince dal censimento del 1910, nella Venezia Giulia vivevano poco meno di 500.000 italiani, 400.000 sloveni e 100.000 croati. A Trieste in particolare, nel 1921, erano presenti 230.000 abitanti, 120.000 italiani nativi, 40.000 italiani del regno (funzionari, militari, insediati dopo il 1918), 60.000 sloveni, e 10.000 austriaci.

TRATTATI, PATTI, MEMORANDUM, DATE IMPORTANTI

che riguardano il confine orientaledal 1915 al 2004

1915 Patto di Londra: enuncia promesse territoriali fatte da Inghilterra e Francia per l’entrata in guerra dell’Italia (neutrale allo scoppio della guerra, nell’agosto del 1914, entrata poi in guerra il 24 maggio 1915), e precisamente Trento e Trieste e territori contermini. Triplice Intesa. Con il “Patto di Londra” venne fissato il futuro confine che seguiva la linea displuviale tra il mar Nero e l’Adriatico strappando dal ceppo nazionale un quarto del popolo sloveno (327.230 unità secondo il censimento austriaco del 1919, 271.305 secondo il censimento italiano del 1921, 290.000 secondo stime di Carlo Schiffrer, ai quali si devono aggiungere i 34.000 sloveni già presenti nel territorio del regno d’Italia – Slavia Veneta – Valle del Natisone, ritenuti già assimilati, area inglobata nel Regno d’Italia nel 1866, ex territori della repubblica di Venezia fino al 1797).

1919 Trattato di S. Germain-Parigi, a conclusione della I^ Guerra Mondiale. La Venezia Giulia con Trieste e l’Istria assegnate all’Italia. I nazionalisti manifestano per la “vittoria mutilata” in quanto “manca Fiume”. I territori sono amministrati prima dai militari (gen. Petitti di Roreto comandante del XIV Corpo d’Armata), e solo successivamente dai civili. Sorgono subito grossi problemi con le popolazioni slovene acculturate nell’ambito dello Stato plurinazionale asburgico, considerate nemiche in tempo di guerra. Si evidenzia la notevole impreparazione da parte italiana a gestire questa situazione. Dalle difficoltà l’Italia passa presto alla repressione anche violenta che da luogo alla nascita di movimenti resistenziali sloveni e croati, inizialmente il TIGR (Trieste, Istria, Gorizia e Fiume), sostituito poi dal BORBA (lotta), con gli elementi più radicali e disposti alla lotta armata con attentati, sabotaggi e scontri armati, in particolare dopo la presa del potere del fascismo. La parte slovena si pone da subito l’obiettivo di unificare i territori sloveni dell’ex impero asburgico: quelli del Litorale ex austriaco (Trieste, Istria, Contea di Gorizia e Gradisca), con quelli del Kronlander a nord (Carniola, Carinzia, Stiria), operazione che riuscirà solo in minima parte. L’irremovibilità delle delegazioni italiana e jugoslava alla conferenza di Parigi sul problema della definizione dei nuovi confini acuì i contrasti nazionali.

11 settembre 1919, colpo di mano dei nazionalisti guidati da D’Annunzio,appoggiato dai militari e dal nascente fascismo (che a Trieste ha una sede dei “fasci di combattimento” aggressiva e numericamente importante, seconda solo a quella di Milano), che porta all’occupazione di Fiume (marcia di Ronchi), e alla reggenza del Quarnaro. Il 14 settembre prosegue l’azione con lo sbarco a Zara e l’annessione della Dalmazia. L’impresa di D’Annunzio aggravò le diffidenze e aprì la strada al “fascismo di frontiera” che si erse a tutore degli interessi italiani sul confine orientale e coagulò gran parte delle locali forze nazionaliste italiane attorno alla parola d’ordine dell’antislavismo combinato con l’antibolscevismo. Decisiva la presenza dell’avvocato fiorentino Francesco Giunta, nazionalista irriducibile e organizzatore di azioni squadristiche mirate a seminare terrore tra gli sloveni, favorito dal connubio sempre più stretto tra fascisti, volontari giuliani, carabinieri e questura. L’incendio del Narodni Dom del luglio 1920 (all’indomani dei fatti di Spalato del 13 luglio, quando nel corso di uno scontro tra militari italiani e croati vennero uccisi il capitano Guelli e un marinaio), dà inizio alle violenze contro gli sloveni. Con il fascismo fu intrapresa una vera e propria “bonifica etnica” nei territori annessi. Italianizzazione e snazionalizzazione, promozione dell’emigrazione con l’avvio di progetti di colonizzazione agricola nelle aree interne a maggioranza slovena e croata con espulsione degli allogeni, accentuazione della propaganda contro l’etnia slava “inferiore e barbara verso la quale non si deve usare la politica dello zuccherino ma quella del bastone” (come sentenziò Mussolini, non ancora duce, in un comizio agli italiani di Pola), messa a confronto con quella italiana ritenuta “superiore”. Politica che investì anche la struttura ecclesiastica sulla base degli accordi fra Stato Italiano e S. Sede. Negli anni tra il 1929 e il 1930 emigrarono dai territori di recente annessione circa 105.000 tra sloveni, croati, e austriaci/tedeschi.

12 novembre 1920, trattato di Rapallo, tra Italia e Regno Serbo/Croato/Sloveno, che dichiara Fiume città aperta, e assegna Barros e la Dalmazia a quest’ultimo (con l’esclusione di Zara e le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa). Non vincola l’Italia al rispetto delle minoranze slovena e croata, e obbliga alla tutela della minoranza italiana in Dalmazia. D’Annunzio occupa le isole di Veglia e Arbe e la città di Albona in Istria. Fallito il tentativo di compromesso, le forze armate italiane agli ordini del gen. Caviglia, liquidano la “reggenza”, sorta di “stato libero”, nel “Natale di sangue” del 1920. Ha inizio la fuga di sloveni e croati dai territori dell’Istria e Dalmazia assegnati all’Italia (molto più vasti di quanto previsto nel trattato di Londra del 1915). Il trattato di Rapallo sarà riconosciuto dal divenuto Regno Jugoslavo, solo nel 1927.

Dicembre 1920, D’Annunzio occupa le isole di Veglia e Arbe e la città di Albona. Fallito ogni tentativo di compromesso, le forze armate italiane agli ordini del gen. Caviglia, liquidano la “reggenza del Carnaro”, sorta di “stato libero” costituito da D’Annunzio dopo il blitz di Fiume, nel “Natale di sangue”, del 1920. Ha inizio la fuga di sloveni e croati dai territori dell’Istria e Dalmazia assegnati all’Italia: borghesi austriaci, burocrati dell’ex casa imperiale, borghesia croata e slovena, abbandonano i loro paesi. L’esodo è in parte causato dalla crisi del porto di Trieste nell’immediato dopoguerra.

18 gennaio 1921, D’Annunzio abbandona Fiume, per Venezia.

1922, facinorosi nazionalisti incendiano la Camera del Lavoro in via Madonnina a Trieste. A partire dalla presa del potere del fascismo, nell’area giuliana, istriana, e dalmata, si instaura una politica antislava tesa a snazionalizzare le minoranze slovene e croate, con deportazioni in massa, deferimento al tribunale speciale, con numerose condanne a morte di irredentisti slavi. Si acuiscono atmosfere e sentimenti di vendetta, rinfocolate dall’appoggio fascista agli Ustascia croati, Domobranzi sloveni, di stampo fortemente nazionalista antiserbo e antipopolare, che diventeranno tristemente famosi nel periodo di occupazione nazista e fascista della Slovenia, Croazia e Serbia, nel corso della II Guerra Mondiale. Istituzione del campo di concentramento di Gonars (UD-33B2), per civili sloveni e croati.

27 gennaio 1924, Patto di Roma, Fiume passa all’Italia.

1927, viene varato da Mussolini il decreto per modificare i cognomi stranieri in “forma italiana”.

5/6 aprile 1941 invasione della Iugoslavia da parte di Italia e Germania. Annessione al Regno Italiano della provincia di Lubiana (Laibach tedesca, Ljubljana slovena). Emilio Grazioli, federale di TS prese possesso di Lubiana il 17 aprile, proclamata provincia italiana il 3 maggio. Dal 4 maggio assunse il titolo di Alto Commissario della Provincia di Lubiana. Vi resterà fino al giugno 1943, poco prima della sostituzione dell’occupazione italiana con quella tedesca. In questa occasione Hitler ebbe a dire “Rendetemi questa terra di nuovo tedesca”, dando così il via ad una meticolosa pulizia etnica (ancora oggi a Lubiana vive una cospicua minoranza etnica tedesca).

19 aprile 1942 il generale Mario Roatta in una circolare dedicata al trattamento da riservare ai “ribelli” e alla popolazione che li appoggia, contemplava l’incendio di interi villaggi, la deportazione degli abitanti, il fermo e la fucilazione di ostaggi. Diffusa tra gli sloveni la frase “gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi”.

31 luglio 1942 a Gorizia summit di Mussolini con i capi di Stato Maggiore e i comandanti delle unità impegnate nello scacchiere jugoslavo. Fu delineata la possibilità della “pulizia etnica” ipotizzando di “sostituire” i civili sloveni da deportare, con le famiglie di italiani feriti o caduti in guerra. Mussolini confermò quanto detto alla Camera dei fasci il 10 giugno 1942 (2° anniversario di guerra), che “quando l’etnia non va d’accordo con la geografia è l’etnia a muoversi”, e che quindi “gli scambi di popolazione e l’esodo di parti di essa sono provvidenziali perché portano a far coincidere i confini politici con quelli razziali”.

4 agosto 1942 il generale Mario Robotti dell’XI Corpo d’Armata, commentò che nell’area di Lubiana annessa all’Italia “si ammazza troppo poco”. Estate/autunno: la tragica stagione del massacro della popolazione slovena dell’area di Lubiana (1.800 morti).

1941-1943, dal 6 aprile 1941 all’8 settembre 1943, l’esercito italiano e le Camicie Nere, si resero colpevoli di veri e propri crimini di guerra: fucilazioni in massa, incendi di villaggi, rappresaglie di ogni tipo, deportazioni. Nessuno degli aguzzini italiani è stato processato per quanto commesso e tutto è stato vergognosamente coperto e dimenticato.

8 settembre 1943, presenti nell’area circa 100.000 militari italiani che, per mancanza di guida, vengono sopraffatti da 5-6.000 tedeschi. In molti casi gli italiani parteciparono alla repressione delle manifestazioni popolari seguite all’annuncio dell’armistizio. Ondata di violenza dei partigiani sloveni e croati, nelle zone liberate temporaneamente dell’Istria, con l’eliminazione fisica degli italiani compromessi con il regime, ma anche semplici sospettati o semplicemente perché italiani, e gettati nelle “foibe istriane”. I primi recuperi di salme si ebbero in Istria tra l’ottobre 1943 e il febbraio 1945, ad opera dei VV. FF. di Pola, coadiuvate dai minatori di Arsa, con iniziative ufficiali volte ad individuare i luoghi dove si erano consumate le stragi più gravi per restituire le salme alle famiglie. Da una dozzina di foibe furono estratte 217 salme, 134 identificate. Recuperi più consistenti furono effettuati negli anni ’90, ad opera di speleologi sloveni, in particolare nelle cavità poste sulle alture tra Trieste e Caposistria. Le vittime totali sono state stimate in circa 600.

15 settembre 1943, i tedeschi creano due zone amministrative nella parte nord orientale dell’Italia: l’Alpenvorland (province di Bolzano, Trento e Belluno), e l’Adriatiches Kusterland ( province di Udine, Pordenone, Gorizia, Trieste, Lubiana, Pola e Fiume), sotto il comando dell’Alto Commissario, il Gaulaiter di Salisburgo, Friedrich Rainer, premessa per l’annessione dell’area al III Reich. Inizia una durissima repressione antipartigiana con gravi limitazioni nelle espressioni italiane (movimento di persone, stampa e altro), con l’appoggio subordinato ma con feroce zelo, dei fascisti, basato sulla tortura. Il 25 luglio 1943, si era instaurato a Trieste un Comitato antifascista, represso violentemente dai nazisti.

3 aprile 1944, fucilati dai nazisti 72 ostaggi (martiri di Opicina).

29 aprile 1944, impiccati dai nazifascisti alle finestre e lungo la scalinata di un albergo, 51 ostaggi (martiri di Ghega).

30 aprile 1944, strage nazifascista per rappresaglia sulla strada Postumia/Fiume: 286 morti, vecchi, donne e bambini, case incendiate.

luglio 1944, strage di Malga Pramosio (Timau UD-19 a 3), ai confini con l’Austria ad opera di alpini fascisti italiani comandati da un tenente tedesco, e guidati da una spia slovena : 22 morti con una donna incinta e tre ragazzini di 12 anni, più 40 morti fra Paluzza e Sutrio, ad opera dello stesso reparto.

19 ottobre 1944, incontro Togliatti e Kardelj (membro dell’Ufficio Politico del CC del Partito Comunista Jugoslavo), che favorì la creazione in quei territori, di un “Regime democratico e progressivo”, e auspicò la collaborazione con la resistenza slovena e il passaggio operativo delle unità partigiane italiane nell’esercito jugoslavo di liberazione, passaggio che avvenne effettivamente, almeno per quanto riguarda la Divisione Garibaldi “Natisone”, organizzata in tre Brigate forti di 1500 uomini, nella notte di Natale del 1944, inquadrata nel IX Corpus Sloveno (perse subito la sua autonomia operativa e fu allontanata il più possibile dal confine italiano).

Autunno 1944, furono proclamate due insurrezioni contro i nazifascisti, una dai partiti del CLN senza i comunisti, e l’altra dai comunisti italiani e titini, con una radicalizzazione gravissima dello scontro ideologico, che si aggiunse al conflitto pregresso, tra libertà dei territori e nazifascismo. Nel corso del 1944 si affacciarono nell’area istriana e giuliana, truppe Cetniche, formate da volontari serbi e montenegrini al servizio dei tedeschi, in funzione antipartigiana, provenienti dalla Lika e dalla Bosnia.

Gennaio 1945, formazione del presidio di Ravosa (UD-20e5), per iniziativa di Bersanti, futuro primo presidente della regione Friuli Venezia Giulia, con elementi della I^ Brigata Osoppo e militi della Repubblica di Salò, con lo scopo di “proteggere il territorio dalle scorrerie degli occupanti cosacchi” (al servizio dei tedeschi), e in previsione di azioni contro le formazioni partigiane jugoslave che avanzavano da est, verso il confine.

7 febbraio 1945 a Porzus (a nordest di Udine), eccidio dei partigiani della Osoppo da parte di partigiani garibaldini, 21 morti tra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini. Risposta al presidio di Ravosa (posto sulla direttrice Udine Attimis tra Povoletto e Attimis, a una decina di km da Udine), descritto sopra. Il gravissimo fatto evidenzia che: 1) l’unità della Resistenza, non fu un dato scontato e pacifico, ma lasciò spazio a durissimi scontri interni; 2) che i contrasti in questa zona particolare del paese, investì la questione nazionale e diede spessore alle contraddizioni dell’alleanza tra il partito comunista e le altre formazioni antifasciste; 3) che le pretese espansionistiche dei partigiani di Tito, punitive verso l’Italia fascista, assunsero nell’area aspetti dirompenti, anche per la “simpatia” dei rappresentanti del Partito Comunista Friulano, in contraddizione con la linea ufficiale del PCI dopo la svolta di Salerno, del marzo 1944. In proposito Claudio Pavone individuò nella lotta tre livelli: di liberazione nazionale contro i nazisti, di guerra contro i fascisti e la dittatura, per la libertà, di classe contro i vecchi “padroni” che ritornavano ad affacciarsi con la fine della guerra a fianco degli angloamericani e in applicazione di uno spirito internazionalista dettato dall’esperienza dei russi.

Nonostante queste gravi difficoltà di dialogo, l’unità delle forze antifasciste, nel suo insieme, non fu compromesso e continuò ad operare un coordinamento, anche se restarono reciproci sospetti sul dopoguerra.

7/11 febbraio 1945, a Yalta, Stalin, Churchill, e Roosevelt, decidono le aree di influenza per il dopoguerra. Per l’Italia previsti importanti sacrifici territoriali sul confine orientale.

Primavera 1945, Milovan Gilas e Kardelj, furono inviati da Tito in Istria, con il compito di indurre tutti gli italiani ad andare via, usando pressioni di ogni tipo. E così fu fatto come da dichiarazioni di Gilas fatte nel dopoguerra quando fu perseguitato e imprigionato da Tito.

29 e 30 aprile 1945, la zona di Basovizza si trovò al centro di furiosi combattimenti tra le formazioni iugoslave della IV Armata, che puntavano sulla città di Trieste e le unità tedesche che la stavano abbandonando. Sul campo rimasero molti caduti, da una parte e dall’altra, carcasse di cavalli e diverso materiale militare. Secondo alcune testimonianze il terreno fu immediatamente sgomberato precipitando gran parte del materiale (comprese salme di militari tedeschi) nella voragine della foiba.

1 maggio 1945 il IX Corpus di Liberazione iugoslavo (parte della IV Armata dell’esercito popolare iugoslavo). Trieste rientra nell’area di espansione iugoslava. Si verificano episodi gravissimi di intolleranza contro tutto ciò che rappresentava l’italianità. Nei primi giorni di maggio, la zona di Basovizza fu attraversata dalle colonne di prigionieri italiani, tedeschi, slavi collaborazionisti, e di civili, catturati a Trieste e destinati ai processi sommari e ai campi di concentramento allestiti all’interno della Slovenia (in particolare Goli Otok – Isola Calva, e Boroviza).

2 maggio 1945, entra a Trieste il contingente alleato angloamericano.

1 maggio/15 giugno 1945 arresti in massa di fascisti, collaborazionisti, e italiani in genere da parte dei partigiani di Tito. Foibe triestine e carsiche, avvio ai campi di concentramento in Iugoslavia. Nello stesso periodo in Slovenia, sempre ad opera dei soldati di Tito, avviene il massacro di 12.000 collaborazionisti cetnici, domobranci e ustascia, nei pressi di Kocevije. Tra il 1942 e 43, il Titoismo abbandona ogni principio internazionalista sposando in pieno la tesi dei nazionalismi presenti nella federazione jugoslava: serbo, croato, sloveno, prevalenti nel movimento di liberazione. In Istria tutti i vecchi nazionalismi conosciuti fino allora come mangia-comunisti, furono inglobati nel partito comunista croato. Da quel momento scattò l’operazione “italiano = fascista”, nonostante la partecipazione massiccia di italiani inquadrati nelle divisioni “Garibaldi” e “Italia”, alla lotta di liberazione della Jugoslavia a fianco dei partigiani di Tito, con il sacrificio di circa 20.000 morti.

5 giugno 1945, il CLN di Trieste, tornato in clandestinità nel periodo di occupazione jugoslava, raccolse e diffuse la notizia di esecuzioni sommarie avvenute proprio a Basovizza. Di li a poco una missione dei servizi di informazione alleati, apprese da un sacerdote del luogo, dell’esecuzione di un numero imprecisato di prigionieri, militari, poliziotti, civili, avvenuto dopo processi sommari gestiti da ufficiali della IV Armata jugoslava, al cospetto di una piccola folla di residenti del luogo. La notizia venne ripresa dai Servizi Informativi italiani, e da alcuni quotidiani romani, che riferirono in modo esplicito del recupero di almeno 400 vittime. Nel corso dell’estate, ritirate le truppe iugoslave da Trieste e costituito il Governo Militare Alleato, il CLN chiese il recupero delle salme e l’esplorazione di tutte le cavità del Carso attorno a Trieste. Vennero autorizzati i primi sondaggi nella foiba di Basovizza (pozzo di una ex miniera di carbone), con la recinzione e il presidio di un deposito di munizioni. Il recupero delle salme fu eseguito per mezzo di una benna, il cui impiego provocò il forte risentimento della gente e dei partiti italiani di Trieste, ma il tutto avvenne nella massima riservatezza e i dati delle esplorazioni non vennero resi pubblici. Gli scavi proseguirono per due mesi e i pochi resti portati alla luce vennero genericamente attribuiti a militari tedeschi. Poi le ricerche vennero sospese e la cavità restò aperta ed abbandonata. Le ricerche ricominciarono nel 1948 (vedere in seguito). Basovizza e le sue foibe, divennero il luogo simbolo di quanti furono trucidati nelle foibe o morirono nei campi di concentramento, dalle forze di occupazione jugoslave, e tra essi vi furono molti antifascisti e partigiani, contrari alla politica di annessione alla Jugoslavia, oltre che fascisti, collaborazionisti, nazisti, e persone della borghesia locale (un numero compreso tra 4.000 e 6.000 persone).

9 giugno 1945, accordo di Belgrado tra Alexander e Tito, che mise freno agli episodi contro la popolazione italiana e contro tutti coloro che ostacolavano il potere di Tito.

20 giugno 1945, entra in vigore l’accordo Alexander-Tito, per una prima sistemazione del confine orientale italiano per superare la confusione che regnava nell’intera area della Venezia Giulia e Istria (la soluzione troverà una composizione accettata dalle parti, italiana e jugoslava, solo con l’accordo di Osimo, nel 1975). La Venezia Giulia venne divisa in 2 zone di occupazione secondo la così detta linea “Morgan”, dal generale inglese che la tracciò: agli angloamericani fu assegnata, in amministrazione militare, la fascia costiera fra Gorizia e Punta Grossa con gli immediati dintorni, il resto veniva confermato sotto il controllo jugoslavo (rispettivamente zona A e B).

1946, permangono tensioni tra le diverse etnie che si inseriscono in un quadro internazionale che si divide in due blocchi “occidentale” e “orientale”, con forti connotati ideologici e nazionalistici.

3 luglio 1946, con un comunicato del Consiglio dei Ministri, vengono ceduti alla Jugoslavia i territori ad est della “linea francese”, e costituito il “Territorio Libero di Trieste” (TLT).

10 febbraio 1947, trattato di pace di Parigi, costituzione del Territorio Libero di Trieste (TLT), suddiviso in zona A (sottoposta a sovranità italiana ed eretta ad ente temporale autonomo sotto il controllo delle Nazioni Unite con amministrazione angloamericana, che comprendeva la parte nord – occidentale dell’Istra, da Cittanova a Duino), e B (tutta la parte a sud di Trieste, da Cittanova a Capodistria, amministrato dagli jugoslavi e in pratica annesso alla Jugoslavia). Questa decisione provocò l’esodo di circa 250.000 italiani dalle zone di espansione jugoslava in Istria, Dalmazia, e Venezia Giulia (alto Isonzo).

20 marzo 1948, la Russia respinge la proposta angloamericana di assegnate il TLT all’Italia. In seguito Tito rompe l’amicizia con Mosca e il Cominform, ponendo le basi per un riavvicinamento con gli angloamericani.

1948, due quotidiani triestini diedero notizia dell’esplorazione della foiba di Basovizza, da parte di un gruppo di speleologi, che constatò come la profondità si fosse ridotta a 192 m, contro i 226 m indicati sulle carte.

1949, il Consiglio Comunale di Trieste, deliberò la spesa per l’eventuale recupero delle salme contenute nella foiba di Basovizza. Non è mai stato accertato con esattezza il numero di persone precipitate nell’abisso dai carnefici titini: una informativa iugoslava dell’immediato dopoguerra parla di 250 persone, alcuni calcoli recenti propendono per dieci volte tanto. E’ certo invece che il numero complessivo degli infoibati, è inferiore a quello dei deceduti nei campi di concentramento jugoslavi (per fame, malattie, condizioni igieniche disastrose, maltrattamenti). Secondo un rapporto ufficiale della polizia del Governo Militare Alleato furono recuperate dalle foibe 464 salme, di cui 247 di militari, in molti casi inumate in fosse isolate e comuni. Il recupero più consistente avvenne presso la foiba di Ielenca Iama, a Cruscevizza, oggi in Slovenia, dove furono recuperate 156 salme, nella quasi totalità di civili.

1950, la foiba di Basovizza fu abbandonata e trasformata in discarica.

1952, moti di piazza di “irredentisti” italiani repressi dagli angloamericani.

1953, la ditta Cavazzoni fu autorizzat a procedere al recupero di rottami ferrosi sul fondo della foiba di Basovizza. Gli scavi scesero a 226 m, senza incontrare resti umani, poi il pozzo tornò alla funzione di discarica.

estate 1953, il presidente del Consiglio italiano, Pella, di fronte alla minaccia di annessione della zona B da parte jugoslava, invia truppe al confine per occupare la zona A, qualora la mossa jugoslava avesse seguito.

6 settembre 1953, Tito nel discorso ad una folla oceanica radunata a Oktolika (S. Basso), a 6 km dal confine, rinfaccia all’Italia, che chiedeva conto delle foibe, dei crimini perpetrati dagli occupanti italiani in Slovenia: 70.000 sloveni deportati, 11.000 fucilati, e 430.000 vittime complessive attribuibili agli italiani nell’intero territorio iugoslavo.

5-6 novembre 1953, sanguinosi disordini a Trieste provocati da attivisti nazionalisti di parte italiana per il ritorno di TS all’Italia, repressi dagli agenti di PS di Winterton. Al termine della giornata si contano tra i dimostranti italiani 6 morti e numerosi feriti.

Febbraio 1954, avviati colloqui segreti tra angloamericani e jugoslavi per sanare la drammatica situazione.

Giugno 1954, avviati analoghi colloqui con l’Italia.

5 ottobre 1954, memorandum/patto d’intesa di Londra, tra Italia e Jugoslavia concernente il Territorio Libero di Trieste che stabilì la cessazione del TLT: la zona A venne assegnata all’Italia, la zona B alla Jugoslavia.

26 ottobre 1954, passaggio dei poteri dagli angloamericani all’Italia della zona A.

4 novembre 1954, consacrazione del ritorno di Trieste all’Italia con la nomina del Commissario di Governo in rappresentanza del Capo dello Stato italiano, con particolari condizioni di rappresentanza politica.

1959, per interessamento del francescano Flaminio Rocchi, il Commissario Generale per le Onoranze in Guerra del Ministero della Difesa, provvide alla copertura della foiba di Basovizza e della foiba 149, detta di Monrupino, dove una delegazione tedesca aveva accertato, nel 1957, la presenza di salme germaniche, senza poterle recuperare.

31 gennaio 1963, cessa il regime amministrativo precedente e prende il via la Regione Autonoma a Statuto Speciale del Friuli Venezia Giulia.

1975 accordo di Osimo, segna la fine del contenzioso tra Italia e Jugoslavia per il confine orientale.

1980, in seguito all’intervento delle associazioni combattentistiche patriottiche, politiche e dei profughi istriani, fiumani e dalmati, il pozzo di Basovizza e la foiba 149, vengono riconosciute quali monumenti d’interesse nazionale. Il sito di Basovizza sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi 1943-1945, ma anche fulcro di polemiche per il prolungato silenzio ed il mancato omaggio delle più alte cariche dello Stato.

1991, anno cruciale della dissoluzione dello stato federativo jugoslavo e dell’URSS. Visita del presidente Cossiga, a Trieste

1992 il presidente Oscar Luigi Scalfaro eleva la foiba di Basovizza a monumento nazionale

2004 il Parlamento approva a voto quasi unanime la “Giornata del Ricordo” per le vittime e gli esuli giuliani, istriani e dalmati, fissando la data del 10 febbraio.

PROPOSTE PER LA DEFINIZIONE DEL CONFINE ORIENTALE ITALIANO DOPO LA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE.

Nel corso delle trattative per la definizione dei confini orientali tra Italia e Jugoslavia, si citano spesso le ipotesi americane, inglesi, francesi, russe, jugoslave e italiane. Ognuna di esse ha particolari riflessi sull’assetto definitivo della “questione orientale”, e risponde a interessi e strategie diverse, maturate per il diverso ruolo svolto da ciascuno Stato nei confronti dell’altro, e delle conseguenti alleanze, prima, durante, e dopo, la II Guerra Mondiale (si veda in proposito il grafico di riferimento).

Secondo la linea di confine “americana”, sarebbero stati assegnati all’Italia territori abitai da 370.000 italiani e 180.000 slavi, mentre rimanevano in Jugoslavia, 50.000 italiani. In quella “francese”, restavano in Italia 294.000 italiani e 113.000 slavi, mentre rimanevano in Jugoslavia 125.000 italiani. Secondo quella “inglese”, restavano in Italia 356.000 italiani e 152.000 slavi, mentre in Jugoslavia restavano 64.000 italiani. Secondo quella “sovietica”, nessuno slavo restava in Italia, mentre 600.000 restavano in Jugoslavia. La linea “jugoslava” ricalcava, con minime differenze, quella sovietica, entrambi tese a “punire” , l’Italia per il suo passato fascista. L’aspirazione “italiana” era di recuperare quanto più territorio possibile a oriente, anche in zone occupate dall’esercito iugoslavo.

Pesavano tuttavia le condizioni di resa senza condizioni imposta dagli alleati (8 settembre 1943), e il successivo appoggio al nazismo della Repubblica Sociale Italiana (dall’ottobre 1943 all’aprile 1945). Per la proposta sovietica e jugoslava, pesava enormemente l’aggressione dell’esercito italiano ai loro territori perpetrata dal regime fascista, con la disastrosa “campagna di Russia” a fianco dei tedeschi, prima con il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia, il 26 giugno 1941), poi con l’ARMIR (Armata Italiana in Russia, delle estate 1942), e l’invasione della Iugoslavia, il 6 aprile 1941.

LUOGHI SIMBOLO DEL CONFINE ORIENTALE

GONARS (UD, 500 morti), campo di concentramento per civili sloveni e croati e oppositori del regime fascista iniziata nel 1922. VISCO (UD), vicino a Gonars, 600 deportati. FOSSALON DI GRADO (GO), lavori forzati. GORIZIA (ex cartiera Ritter), PODGORA (cotonificio triestino), TRIBUSSA INFERIORE (S. Lucia d’Isonzo), per coloro che dovevano comparire davanti al Tribunale Militare. MONIGO (TV), campo di prigionia per soli sloveni. NA KAPELI (per donne) dal 1942. ZDRAVSCINA (Poggio) amministrato dalla III^ Armata. SDRAUSSINA, per parenti di giovani partigiani. CIGHINO DI TOLMINO. CHIESANUOVA (PD). GRUMELLO DEL MONTE (BG). 16 campi in Sardegna (dal 1938 al 1942 furono internati 6000 istriani, oltre a 7000 giovani giudicati infidi per il servizio militare, e dal 1943, 2000 confinati politici). BUCCARI, campo di smistamento di prigionieri da avviare nei campi di concentramento. Nel luglio 1942 erano operativi 202 campi di concentramento.

ARBE isola di, oggi Rab, in Croazia. Non ha avuto nulla da invidiare ai più conosciuti campi di concentramento nazisti. Dal 1941 al 1943 furono rinchiusi 15.000 prigionieri con 1.600 morti. Dopo l’8 settembre circa 4.500 internati si liberarono e in parte formarono la “Brigata Arbe” che partecipò alla liberazione della Iugoslavia.

RISIERA DI S. SABBA unico campo di concentramento dotato di camera a gas e forno crematorio gestito dai nazisti in Italia, attivato nel giugno del 1944 dall’EinsatzKommando Reinhard di Globocnik (costruttore dei principali campi di sterminio in Europa). Vi morirono circa 5.000 oppositori, partigiani italiani, sloveni, croati. Campo di smistamento per l’avvio ai campi in Austria e Germania. Monumento nazionale dell’Italia libera. Una targa recita “Trieste, consapevole, qui ricorda le vittime dell’odio etnico e delle esasperazioni nazionalistiche, del razzismo, dei totalitarismi e quanti in queste terre hanno lottato per la libertà e la democrazia”.

Dichiarata monumento nazionale nel 1965.

BASOVIZZA simbolo della memoria di quanti furono trucidati dalle forze di occupazione di Tito. Trovarono la morte anche molti antifascisti contrari alla politica di annessione alla Iugoslavia.

CRONOLOGIA TRIESTINA-OTTOBRE 2004

1184             Alleati dei Troiani, in fuga, si stanziano sul Carso

1000            ca. Nascita della “civiltà dei castellieri”. Tergeste, radice indoeuropea che significa “mercato”, e il suffisso Veneto “este”, cioè “città”

450               Invasione dei Celti, tribù dei Càrni, dei Giàpidi, e dei Càtali. Popolazioni che furono assorbite dalla cultura degli Istri

183               Prima spedizione militare Romana

178               Seconda spedizione militare Romana

177               Terza spedizione militare Romana; distruzione di Nesazio, fine della “civiltà dei castellieri”; inizia la colonizzazione Romana

50                 Costruzione delle mura della città (arco di Riccardo)

46                 Nascita della “Res-publica tergestina”

27                 Tergeste entra a far parte della “Decima Regio”

10 d.C.          Ampliamento delle mura cittadine e costruzione degli acquedotti

50                 S. Ermacora predica il Cristianesimo

70                 Costruzione del tempio alla Triade capitolina (S. Giusto) e del teatro

139               Martirio di S. Primo, S. Marco, S. Giasone, e S. Celiano

140                Costruzione della Basilica forense (a S. Giusto)

151                Martirio di S. Apollinare

256                Martirio di S. Eufemia e S. Tecla

284                 Martirio di S. Servolo

286                 Martirio di S. Zenone e S. Giustina

289                  Martirio di S. Sergio

290                  Martirio di S. Giusto

330                  Tolta l’autonomia a Tergeste, fine della Res-publica Tergestina

390                  Distruzione del tempio del dio Mitra (Duino)

410                   Passaggio dei Visigoti

452                 Passaggio degli Unni di Attila

476                   Caduta dell’Impero Romano d’Occidente causata dalla ribellione di milizie barbariche guidate da Odoacre

488                    Trieste è devastata dai Goti

539                 Trieste è acquisita al territorio bizantino fino al 787, con parentesi di presenze Longobarde (568-569, 590, 752-774)

568                      Invasione dei Longobardi

788                       Intervento dei Franchi guidati da Carlo Magno

804                        Placito di Risano

948                         Lotario II, re d’Italia, conferisce il dominio cittadino al Vescovo di Trieste, sottraendolo alle autorità regie costituitesi in Istria

1000 – 1100   Sorgono liberi ordinamenti comunali

1082                       La chiesa triestina passa sotto la protezione del patriarca di Venezia

1139                       Il Vescovo di Trieste definisce la lunga lite per i confini, tra il comune triestino e il signore di Duino

1202                       la città giura fedeltà al doge di Venezia, Enrico Dandolo; Venezia espande la sua influenza in Istria e Dalmazia

1224                          Consacrata la chiesa dei SS. Martiri, fuori di Porto Cavana

1226               S. Antonio da Padova, viene a Trieste per fondarvi un Convento

1242                           Nasce la “Confraternita delle tredici casade”

1260                           Si realizza il “Comune tergestinae civitatis”

1265                           Prima menzione di un convento di donne (“Cella Dominarum Sanctae Mariae”)

1278                          Fondazione del convento delle monache di S. Cipriano

1279                           Inizio delle guerre contro Venezia, protrattesi fino al XVI secolo

1295                           Viene eretta la torre del Mandrocchio, nota anche come Torre del Porto e successivamente dell’Orologio

1312                            Vengono unite le due chiese, preesistenti, a formare il Duomo di S. Giusto

1313                              La “congiura dei Ranfi”, viene repressa sul nascere

1320                               Muore Rodolfo Predassoni, l’ultimo dei vescovi eletti a Trieste

1322               Papa Giovanni XXII toglie a Trieste la facoltà di eleggere i propri vescovi

1349                               Ribellione dei triestini alle pretese del vescovo Negri di instaurare nuovamente gli antichi diritti

1363                                Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio vengono a Trieste in gita di piacere

1367                                I Veneti, conquistata per l’ennesima volta Trieste, fanno abbattere le mura del lato mare e costruiscono due forti, uno sul colle di S. Giusto e l’altro nella marina

1382                                Trieste cade sotto il dominio degli Asburgo; seguiranno secoli di lotte per ottenere l’autonomia, che segnano il declino economico della città

1419                                  Trieste viene esclusa dai commerci tra Venezia e Gorizia

1468                                  Scoppia la guerra civile a Trieste

1470               Prima invasione dei Turchi

1482                                    Seconda invasione dei Turchi

1499                                    Terza invasione dei Turchi

1501               Quarta invasione dei Turchi

1511                                     Un violento terremoto abbatte le mura, le torri e molte abitazioni

1521                                      Fine delle guerre con Venezia, Trieste torna agli Asburgo

1541                                       Scoppia la “guerra del frumento”

1573                                       Il vescovo triestino Andrea Rapicio, muore avvelenato

1655                                       Un incendio distrugge l’antichissima chiesa dei SS.Martiri

1698                                       Padre Ireneo della Croce pubblica la prima storia di Trieste

1719                                       Carlo VI° dichiara Trieste porto franco; inizia la ripresa economica e in parte vengono acquisite forme di autonomia

1728                                       Viene eretta in Piazza Grande la statua di Carlo VI°

1731                                       Vengono bonificate le saline fuori Porta Riborgo per la costruzione della “Città nuova”

1747                                        Approvato il primo formale statuto degli Ebrei di Trieste

1768                                       Nella “Locanda Grande” viene assassinato lo studioso Johan Winchelmann

1769                                       Viene inaugurato il “lazzaretto nuovo”

1771               Patente di Maria Teresa in favore degli Ebrei di Trieste

1772                                        Approvati gli statuti dei Greci di Trieste; Maria Teresa

ordina l’introduzione dell’Ufficio Tavolare anche a Trieste

1773                                        Viene abolito l’Ordine dei Gesuiti

1774                                        La confraternita israelita acquista un terreno sotto il Castello

per adibirlo a cimitero

1775                                        Maria Teresa concede ai Padri Mechitaristi, il permesso di stabilirsi a Trieste; nuova patente doganale, per speciali

favori a Trieste

1776                                        Nasce la “Compagnia di Assicurazione”

1777                                        Abolizione del dazio sul pesce; il collegio dei Gesuiti diventa caserma militare, e in un secondo tempo, carcere; Maria Teresa ordina il primo esatto censimento della popolazione di Trieste

1778                                        Cominciano regolarmente, a Trieste, le osservazioni

termometriche, barometriche e meteorologiche; Maria

Teresa per favorire il commercio, abolisce l’antico dazio civico sul grano e sulla farina e concede al comune, quale indennizzo, il dazio sulla birra, l’acquavite e il rosolio

1781                                       Giuseppe II° promulga l’ ”Editto di Tolleranza”, con il quale

vengono tolte, anche a Trieste, le restrizioni ai culti non cattolici

1797                                        Trieste viene occupata, per la prima volta dai francesi di Napoleone (che la visita per un giorno); Trieste viene inseguito annessa alle province Illiriche, con perdita di autonomia e declino economico

1805                                        I napoleonici occupano Trieste per la seconda volta

1808                                        I napoleonici occupano Trieste per la terza e ultima volta

1813                                        Trieste ritorna all’Austria, perde autonomia ma riacquista il porto franco

1815               Trieste diventa la capitale del Litorale Austriaco

1834                                       Nasce la “Società di Navigazione del Lloyd Adriatico”

1848 – 1914   In più occasioni si manifestano moti di piazza per l’italianitàndella città contro il potere di Vienna e la presenza slava (1848, 1868, 1882)

1849               Trieste viene assediata dalla flotta sarda di Carlo Alberto

1850                                        Trieste ottiene larga autonomia e di autogoverno

1852               Massimiliano d’Asburgo si stabilisce a Trieste

1864                                        Massimiliano d’Asburgo, divenuto imperatore del Messico

salpa da Miramare per Vera Cruz

1867                                       Giunge a Trieste la salma di Massimiliano d’Asburgo,

fucilato in Messico, per proseguire poi, in treno, per Vienna

1869               Il governo della città passa al “partito nazionale” che

instaura un tenace conflitto con il governatore austriaco; si

accende l’irredentismo

1882                                       Guglielmo Oberdank viene arrestato e impiccato nella

“Caserma Grande”, (piazza Oberdan)

1893                                       Nasce “Viva S. Giusto”, l’inno ufficiale di Trieste

1903                                       Dimostrazione filo italiana, al politeama Rossetti

1910                                        La bora a 131 km/h rovescia, presso la stazione di Muggia,

un treno di sei vetture (linea Trieste – Parenzo), con 180 persone a bordo

1911                                        Varo della corazzata “Viribus Unitis” al cantiere S. Marco

1912                                        Viene inaugurato il tempio Israelitico

1913                                        Gianni Widmer, pioniere dell’aviazione triestina, compie la

transvolata Trieste/Venezia in settanta minuti

1914                                        Giungono a Trieste le salme di Francesco Ferdinando e di

sua moglie, uccisi a Sarajevo, per proseguire poi, in treno, alla volta di Vienna : scoppia la prima Guerra Mondiale, l’Austria considera Trieste territorio nemico

1915                                        A seguito del “Patto di Londra”, all’Italia viene promessa

Trieste e tutta la Venezia Giulia, fino al Quarnaro; facinorosi incendiano la sede del quotidiano “Il Piccolo”; Gabriele d’Annunzio sorvola Trieste e lancia volantini e bombe

1916                                        Sul nodo ferroviario di Opicina vengono sganciati, da un

dirigibile italiano, 800 kg di bombe

1918               Finisce la 1^ Guerra Mondiale; il 3 novembre la città

accoglie entusiasta l’ingresso delle truppe italiane

1919               A seguito del “Trattato di S. Germain”, Trieste e la Venezia

                       Giulia vengono annesse all’Italia; negli ambienti nazionalisti

                       si accende l’idea di una “vittoria mutilata” per il mancato

                       riconoscimento di Fiume all’Italia;

                       11.9.1919, colpo di mano dei nazionalisti guidati da

                       D’Annunzio, appoggiati dai militari e dal nascente fascismo,

                       che porta alla occupazione di Fiume (marcia di Ronchi), e

                       alla annessione all’Italia (12.9.1919); il 14.11.1919 sbarco a

                       Zara e annessione della Dalmazia

1920               facinorosi nazionalisti incendiano l’albergo Balkan sede

                       di rappresentanza della comunità slovena; il “Trattato di

                       Rapallo” tra Italia a Jugoslavia del 12.11.1920,dichiara

                       Fiume città aperta (indipendente), ma assegna Porto Barros

                       e tutta la Dalmazia, (esclusa Zara e le isole di Cherso,

                       Lussino, Lagosta e Pelagosa), al governo Jugoslavo.

                       D’Annunzio occupa le isole di Veglia e Arbe e la città di

                      Albona in Istria. Fallito ogni tentativo di compromesso, le

                       forze armate italiane agli ordini del gen. Caviglia, liquidano

                       la “reggenza del Carnaro”, sorta di “stato libero” costituito

                      da D’Annunzio dopo il blitz di Fiume, nel “Natale di

                       Sangue”, del 1920. Ha inizio la fuga di sloveni e croati dai

                       territori dell’Istria e Dalmazia assegnati all’Italia : borghesi

                       austriaci, burocrati dell’ex casa imperiale, borghesia croata

                       e slovena, abbandonano i loro paesi. L’esodo è in parte  

                       causato dalla crisi del porto di Trieste nell’immediato

                       dopoguerra. Il “Trattato di Rapallo” sarà riconosciuto dagli

                       Jugoslavi solo nel 1927 con i “Patti di Roma”, che

                       stabilirono, in aggiunta, il passaggio di Fiume all’Italia, e  

                       Porto Barros, alla Jugoslavia

                       Discorso di Mussolini, non ancora duce, agli italiani di Pola

                       “Di fronte ad una razza come la slava, inferiore e barbara,

                       non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino

                      ma quella del bastone”. E ancora “Quando l’etnia, non va

                       d’accordo con la geografia, è l’etnia che deve muoversi”

1921               D’Annunzio abbandona Fiume il 18.1.1921, per Venezia

1922               Facinorosi nazionalisti incendiano la Camera del Lavoro in

                       via Madonnina. A partire dalla presa del potere del

                       fascismo, nell’area giuliano –istriana – dalmata, si instaura

                       una politica antislava tesa a snazionalizzare le minoranze

                       slovene e croate, con deportazioni di massa, deferimento al

                       tribunale speciale, e numerose condanne a morte di

                       irredentisti slavi. Si acuiscono atmosfere e sentimenti di

                       vendetta, rinfocolate dall’appoggio fascista agli Ustascia

                       croati e ai Domobranzi sloveni, movimenti di stampo

                       fortemente nazionalista, antiserbo e antipopolare, che

                      diventeranno tristemente famosi nel periodo di occupazione

                       nazista e fascista della Slovenia e Croazia nel corso della 2^

                       Guerra Mondiale. Istituzione del campo di concentramento

                      di Gonars (UD-33B2), per civili sloveni e croati

1927                                       Viene varato da Mussolini il decreto per modificare i

cognomi stranieri in “forma italiana”

1929               Inverno particolarmente rigido con vittime e grandi disagi

1931                                        Amedeo duca d’Aosta prende alloggio con la famiglia nel

castello di Miramare

1933             Al comune di Trieste viene concesso il gonfalone

1937                                       Viene inaugurata la raffineria “Aquila”

1938                                       In visita ufficiale a Trieste, Mussolini pone la prima pietra della nuova Università

1940               10 giugno : l’Italia entra nella 2^ Guerra Mondiale a fianco

                       dei nazisti tedeschi

1941               5 aprile : aggressione italiana alla Jugoslavia

                       3 maggio : proclamazione della provincia di Lubiana,

                      annessa al Regno d’Italia. Instaurazione di un governo

                       militare durissimo. Trentamila sloveni vengono deportati

                       nei campi di concentramento non dissimili da quelli di

                       Dachau e Mauthausen. Si ricorda quello di Arbe (Rab), nel

                       Golfo del Quarnaro, dove trovarono la morte più di 1500

                       internati, soprattutto sloveni, comprese donne e bambini,

                       provenienti dalla “provincia di Lubiana”, e poi croati ed

                       ebrei. Autoliberatisi tra il 12 e 13 settembre 1943 (circa

                       15.000), numerosi internati costituirono la Brigata Arbe

                       (comprendente un battaglione ebraico), che sbarcò sulla

                       costa jugoslava e partecipò alla guerra di Liberazione di

                       quel paese contro i tedeschi e i fascisti italiani.

1941 – 1943   dal 5 aprile 1941 all’8 settembre 1943, l’esercito italiano e

                       le Camicie Nere, si resero colpevoli di veri e propri crimini

                       di guerra : fucilazioni in massa, incendi di villaggi,

                       rappresaglie di ogni tipo. Nessuno degli aguzzini italiani è

                      stato processato e tutto è stato vergognosamente dimenticato

1942              

Estate – autunno : la grande stagione del massacro della popolazione slovena dell’area di Lubiana (1800 morti)

1943            

Armistizio dell’8 settembre. Presenti nell’area circa 100.000 militari italiani che, per lo sbandamento si lasciarono sopraffare da 5-6.000 tedeschi. In molti casi gli italiani    parteciparono alla repressione delle manifestazioni popolari  seguite all’annuncio dell’armistizio dell’Italia con gli alleati

15 settembre : le province di Udine (compreso Pordenone), Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, vennero poste sotto Amministrazione militare tedesca, con la creazione della “Zona di operazione del Litorale Adriatico” (Adriatiche Kusterland), sotto il comando dell’Alto Commissario, il Gauleiter di Salisburgo, Friedrich Rainer, premessa per l’annessione dell’area al Terzo Reich. Analogamente nelle province di Bolzano, Trento e Belluno, si instaurò una amministrazione nazista denominata “Alpenvorland”. Iniziò una durissima repressione partigiana con gravi limitazioni nelle espressioni italiane (movimento di persone, giornali, e altro), con l’appoggio subordinato ma con feroce zelo, dei fascisti, basato sulla tortura. Il 25.7.1943 si era instanstaurato a Trieste un “Comitato antifascista”, represso violentemente dai nazisti.

Nell’autunno del 1943, dopo l’8 settembre, alcune migliaia di italiani della Venezia Giulia e dell’Istria trovarono la morte in seguito ad una ondata di violenza militare e politica da parte dei partigiani sloveni e croati nelle zone liberate, temporaneamente, dell’Istria. Vennero eliminati 600/700 italiani compromessi con il regime fascista, ma anche semplici sospetti, e gettati nelle “FOIBE ISTRIANE”. I primi recuperi di salme delle vittime delle foibe si ebbero in Istria dall’ottobre 1943 al febbraio 1945, per opera dei Vigili del Fuoco di Pola, coadiuvate dai minatori di Arsa :  era una iniziativa ufficiale svolta con lo scopo di individuare i luoghi dove si erano consumate le più gravi stragi e per restituire le salme alle famiglie. Da una dozzina di foibe furono estratte 217 salme, 134 identificate. Recuperi più consistenti furono effettuati negli anni ’90, ad opera di speleologi sloveni, in particolare nelle cavità poste sulle alture tra Trieste e Capodistria  

1944              

3 aprile : fucilati dai nazisti 72 ostaggi (martiri di Opicina)

29 aprile : impiccati alle finestre e scalinate di un albergo 51 ostaggi (martiri di Ghega)

30 aprile : strage nazi – fascista sulla strada Postumia/Fiume 286 morti, vecchi, donne e bambini, case incendiate

giugno : attivato il forno crematorio nella risiera di S. Sabba a Trieste, dove fino all’aprile del 1945, furono uccise e cremate circa 5.000 persone, soprattutto partigiani jugoslavi

luglio : strage di Malga Pramosio (Timau UD-19a3), ai confini con l’Austria, ad opera di alpini fascisti italiani, comandati da un tenente tedesco, e guidati da una spia slovena : 22 morti, una donna incinta e tre ragazzini di 12 anni, più 40 morti fra Paluzza e Sutrio, ad opera dello stesso reparto.

 19 ottobre : incontro Togliatti–Kardelj (membro dell’Ufficio Politico del CC del Partito Comunista Jugoslavo), che favorì la creazione in quei territori, di un “regime democratico e progressivo”, e auspicò la collaborazione con la resistenza slovena e il passaggio operativo delle unità partigiane italiane nell’esercito jugoslavo di liberazione, passaggio che avvenne effettivamente, almeno per quanto riguarda la Divisione Garibaldi “Natisone”, organizzata in tre Brigate forti di 1500 uomini, nella notte di Natale del 1944, inquadrata nel IX° Corpus Sloveno (perse subito la sua autonomia e fu allontanata il più possibile dal confine italiano)                    

autunno : furono proclamate due insurrezioni contro il nazi – fascismo, dei partiti del CLN locale senza i comunisti, e dei comunisti italiani e titini, creando una spaccatura nell’antifascismo locale con una radicalizzazione gravissima dello scontro ideologico, che si aggiunse al conflitto pregresso, tra libertà dei territori e nazifascismo

Nel corso del 1944 si affacciarono nell’area istriana giuliana, truppe Cetniche, formate da volontari serbi e montenegrini, al servizio dei tedeschi, in funzione antipartigiana (provenienti dalla Lika e dalla Bosnia)                    

1945                                      

gennaio : formazione del presidio di Ravosa (UD-20e5), per iniziativa di Alfredo Bersanti, futuro primo presidente della regione Friuli – Venezia Giulia, con elementi della I^Brigata Osoppo e militi della Repubblica di Salò, con lo scopo di “proteggere il territorio dalle scorrerie degli occupanti Cosacchi” (al servizio dei tedeschi), e in previsione di azioni contro le formazioni partigiane jugoslave che avanzavano da est, verso il confine

7 febbraio : uccisione di una ventina di partigiani della formazione autonoma “Osoppo” da parte di un gruppo di partigiani garibaldini. Il gravissimo fatto evidenzia che :

1 – l’unità della Resistenza, non fu un dato di fatto scontato e pacifico, ma lasciò spazio anche a durissimi scontri interni

2 – che i contrasti in questa zona particolare del paese, investì la questione nazionale e diede spessore alle contraddizioni dell’alleanza tra il partito comunista e le altre formazioni antifasciste

3 – che le pretese espansionistiche dei partigiani di Tito, punitiva verso l’Italia fascista, assunsero nell’area aspetti dirompenti, anche per la “simpatia” dei rappresentanti del Partito Comunista Friulano, in contraddizione con la linea ufficiale del PCI dopo la svolta di Salerno, del marzo 1944.In proposito Claudio Pavone individuò nella lotta, tre livelli:

–         di liberazione nazionale contro i nazisti

–         di guerra contro i fascisti, per la libertà contro la dittatura

–         di classe, contro i vecchi “padroni”, che ritornavano ad affacciarsi con la fine della guerra a fianco degli anglo-americani, e in applicazione di una spirito internazionalista dettato dall’esperienza dei russi.

Nonostante queste gravi difficoltà di dialogo, l’unità delle forze antifasciste, nel suo insieme, non fu compromesso e continuò ad operare un coordinamento, anche se restarono reciproci sospetti sul dopoguerra

Primavera 1945 : Milovan Gilas e Kardelj, furono inviati da Tito in Istria, con il compito di indurre tutti gli italiani ad andare via, usando pressioni di ogni tipo. E così fu fatto. (dichiarazione fatta nel dopoguerra da Gilas, che fu in seguito perseguitato e imprigionato da Tito)

29 e 30 aprile : Basovizza si trovò al centro di violenti combattimenti tra le formazioni jugoslave della IV Armata che puntavano sulla città di Trieste e le unità tedesche che la stavano abbandonando. Sul campo rimasero molti caduti, da una parte e dall’altra, carcasse di cavalli e diverso materiale. Secondo alcune testimonianze, il terreno fu immediatamente sgomberato precipitando salme e quant’altro nella voragine.

1° maggio : Trieste rientra nell’area di espansione jugoslava dell’esercito di liberazione. Si verificano episodi gravissimi di intolleranza contro tutto ciò che rappresentava l’Italia e si opponeva ai piani jugoslavi. Nei primi giorni di maggio ‘45 Basovizza, fu attraversata dalle colonne di prigionieri militari, italiani, tedeschi, slavi, e di civili, catturati a Trieste e destinati ai campi di internamento allestiti all’interno della Slovenia (in particolare Goli Otok–Isola Calva, e Boroviza).

 5 giugno : il CLN di Trieste, tornato in clandestinità nel periodo di occupazione jugoslava, raccolse e diffuse la notizia di esecuzioni sommarie avvenute proprio a Basovizza. Di li a poco una missione dei servizi di informazione angloamericani, apprese da un sacerdote del luogo, dell’esecuzione di un numero imprecisato di prigionieri, militari, poliziotti, e civili, avvenuto dopo un processo sommario tenuto da ufficiali della IV^ Armata jugoslava, al cospetto di una piccola folla di abitanti delmluogo. La notizia venne ripresa dai Servizi Informativi italiani, e pure alcuni quotidiani romani, parlarono in modo esplicito di almeno 400 corpi già riesumati. Nel corso dell’estate, ritirate le truppe jugoslave da Trieste e costituito il Governo Militare Alleato, il CLN chiese il recupero delle salme e una esplorazione di tutte le cavità del Carso attorno  a Trieste. Vennero autorizzati i primi sondaggi nella foibe (pozzo di una ex miniera di carbone); la zona, che ospitava un deposito di munizioni, venne recintata e presidiata. Il recupero delle salme fu eseguito per mezzo di una benna il cui impiego provocò il forte risentimento dei partiti italiani di Trieste, ma il tutto avvenne nella massima riservatezza, e i dati ufficiali delle esplorazioni non vennero resi pubblici. Gli scavi proseguirono per due mesi ed i pochi resti portati alla luce vennero genericamente attribuiti a militari tedeschi. Poi le ricerche vennero sospese e la cavità restò aperta ed abbandonata. Le ricerche ricominciarono nel 1948 (vedi in seguito). Basovizza e le sue foibe, divennero il luogo simbolo di quanti furono trucidati nelle foibe o morirono di stenti nei campi di concentramento, dalle forze di occupazione jugoslave, e tra essi molti antifascisti e partigiani, contrari alla politica di annessione alla Jugoslavia oltre che fascisti e nazisti e persone della borghesia locale (un numero compreso tra 4.000 e 6.000 morti)

9 giugno : accordo di Belgrado tra Alexander e Tito, che mise un freno agli episodi contro la popolazione italiana e contro tutti coloro che ostacolavano il potere di Tito ;

20 giugno : entra in vigore l’accordo Alexander – Tito. Prima sistemazione dello stato di confusione che regnava nell’intera zona della Venezia Giulia e Istria (la situazione troverà una soluzione definitiva con il trattato di Osimo nel 1975). La Venezia Giulia venne divisa in 2 zone di occupazione secondo la cosi detta linea “Morgan”, dal generale inglese che la tracciò : agli angloamericani fu assegnata, in amministrazione militare, la fascia costiera fra Gorizia e Punta Grossa, e gli immediati dintorni, oltre all’enclave di Pola, il resto veniva confermato sotto il controllo jugoslavo (rispettivamente zona A e B)

1946                                       

permangono tensioni tra le diverse etnie che si inseriscono in un quadro internazionale, con il “blocco Occidentale” e quello “Orientale”, che assume aspetti ideologici.

3 luglio : con un comunicato del Consiglio dei ministri, vengono ceduti alla Jugoslavia i territori ad est della “linea francese” , e costituito il “Territorio Libero di Trieste”;

1947                                       

10 febbraio : trattato di pace di Parigi, che prevede la costituzione del TLT (Territorio Libero di Trieste), sottoposto a sovranità italiana ed eretto ad ente temporale autonomo sotto il controllo delle Nazioni Unite. Comprendeva la parte nord – occidentale dell’Istria, da Cittanova a Duino, mentre tutta la parte sud-orientale veniva assegnata alla Jugoslavia. Circa 250.000 italiani lasciarono questa zona e si rifugiarono in Italia o emigrarono all’estero. In assenza di accordo tra l’Italia e Jugoslavia, il TLT, veniva suddiviso in due zone : zona A da Duino a Trieste compresa, posta sotto l’amministrazione militare angloamericana, e la zona B, all’incirca da Capodistria a Cittanova, sotto amministrazione jugoslava

1948                                       

20 marzo : la Russia respinge la proposta angloamericana di assegnare il TLT all’Italia. In seguito Tito rompe con Mosca e il Cominform, e c’è un riavvicinamento degli anglo- americani con Tito.

Nel 1948 due quotidiani triestini diedero notizia dell’esplorazione della foiba di Basovizza, da parte di un gruppo di speleologi, che constatò come la profondità si fosse ridotta a 192 m, contro i 226 m indicati sulle carte originali.

1949                                       

il Consiglio Comunale di Trieste, deliberò la spesa per l’eventuale recupero delle salme contenute. Non è mai stato accertato con esattezza il numero di persone precipitate nell’abisso : una informativa jugoslava dell’immediato dopoguerra, parla di 250 individui, alcuni calcoli propendono per dieci volte tanto. E’ invece certo che il numero complessivo degli infoibati, è inferiore a quello dei deceduti nei campi di concentramento jugoslavi. Secondo un rapporto ufficiale della polizia del Governo Militare Alleato furono recuperate dalle foibe 464 salme, di cui 247 militari, in molti casi inumate in fosse isolate o comuni. Il recupero più consistente avvenne presso la foiba Ielenca Iama, a Cruscevizza, oggi in Slovenia, dove furono portate alla luce bel 156 salme, in gran parte di civili

1950                                       

la foiba di Basovizza fu abbandonata e trasformata in discarica

1952              

a Trieste, repressi dagli angloamericani, moti di piazza irredentisti italiani

1953              

la ditta Cavazzoni fu autorizzata a procedere al recupero di di rottami ferrosi sul fondo della foiba di Basovizza. Gli scavi scesero fino a 226 m, senza incontrare resti umani, poi il pozzo tornò alla funzione di discarica.

estate 1953 : il presidente del Consiglio italiano, Pella, di fronte alla minaccia di annessione della zona B da part jugoslava, invia truppe al confine per occupare la zona A qualora la mossa jugoslava, avesse un seguito

6 settembre 1953 : Tito nel discorso ad una folla oceanica radunata a Oktolika (San Basso), a 6 km dal confine, rinfaccia all’Italia, che chiedeva conto delle foibe, dei crimini perpetrati dagli occupanti italiani in Slovenia : 70000 sloveni deportati, 11.000 fucilati, e 430.000 vittime complessive attribuibili agli italiani, in territorio jugoslavo

5 – 6 novembre : sanguinosi disordini a Trieste, provocati da attivisti di parte italiana, repressi dagli agenti di P.S. di nWinterton. Al termine delle giornate di scontri si contano 6 morti tra i dimostranti italiani e numerosi feriti  

1954            

febbraio : avviati colloqui segreti degli angloamericani con la Jugoslavia, per sanare la drammatica situazione

giugno : avviati colloqui segreti degli angloamericani con l’Italia, per lo stesso motivo

5 ottobre : memorandum – patto d’intesa di Londra, tra Italia, Jugoslavia, e angloamericani, concernente il Territorio Libero di Trieste, che stabilì la cessazione del TLT e sancì la spartizione del territorio : la zona A all’Italia, la zona B alla Jugoslavia  

26 ottobre : passaggio dei poteri dagli angloamericani all’Italia, nella ex zona A

 4 novembre : consacrazione del ritorno di Trieste all’Italia con la nomina del Commissario di Governo in rappresentanza del Capo dello Stato italiano, con particolari condizioni di rappresentanza politica

1959                                     

per interessamento del francescano padre Flaminio Rocchi,nil Commissariato Generale per le Onoranze in Guerra del Ministero della Difesa, provvide alla copertura della foiba di Basovizza e della foiba 149, detta di Monrupino, dove una delegazione tedesca aveva accertato, nel 1957, la presenza di salme germaniche, senza poterle recuperare

1963                                    

31 gennaio : cessa il regime amministrativo precedente e prende il via la Regione Autonoma a Statuto Speciale del Friuli Venezia Giulia

1975                                     

con l’accordo di Osimo, si chiude il contenzioso tra l’Italia e la Jugoslavia, per il confine orientale

1980                                    

in seguito all’intervento delle associazioni combattentistiche patriottiche, politiche e dei profughi istriani, fiumani, e dalmati, il pozzo di Basovizza e la foiba 149, vengono riconosciute quali monumenti d’interesse nazionale. Il sito di Basovizza sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi 1943 – 1945, ma anche fulcro di polemiche per il prolungato silenzio ed il mancato omaggio delle più alte cariche dello Stato.

1991                                    

 anno cruciale della dissoluzione jugoslava e dell’URSS, ci fu la visita di Francesco Cossiga

1992             

visita di Oscar Luigi Scalfaro, che elevò la foiba a monumento nazionale

2004                                   

 Il Parlamento Italiano approva a voto quasi unanime la “giornata del ricordo” per le vittime e gli esuli giuliani, istriani e dalmati, fissando la data del 10 febbraio                

Nel corso delle trattative per la definizione dei confini orientali tra Italia e Jugoslavia, si citano spesso le ipotesi americane, inglesi, francesi, russe, italiane e jugoslave. Ognuna di esse ha particolari riflessi sull’assetto definitivo della “questione orientale”, e risponde a interessi e strategie diverse, maturate per il diverso ruolo svolto da ciascun Stato nei confronti dell’altro, e delle conseguenti alleanze, prima, durante e dopo la 2^ Guerra Mondiale (si veda in proposito il singolo grafico di riferimento).

– secondo la linea di confine americana, sarebbero stati assegnati all’Italia 370.000 italiani e 180.000 slavi, mentre rimanevano in Jugoslavia, 50.000 italiani

– secondo quella francese, restavano in Italia 294.000 italiani e 113.000 slavi, mentre rimanevano in Jugoslavia 125.000 italiani

– secondo la linea inglese, restavano in Italia 356.000 italiani e 152.000 slavi, mentre rimanevano in Jugoslavia 64.000 italiani

– secondo la linea sovietica, nessuno slavo restava in Italia, ma 600.000 italiani sarebbero rimasti in Jugoslavia.

– la linea jugoslava ricalcava, con minime differenze, sempre tese a penalizzare l’Italia, la soluzione “sovietica”;

– l’aspirazione italiana era di recuperare, al termine della guerra, quanto   più territorio possibile a Oriente, anche in zone occupate dall’esercito jugoslavo. Pesavano tuttavia le condizioni di resa senza condizione agli alleati (8 settembre 1943), e il successivo appoggio al nazismo, della Repubblica di Salò (dall’ottobre 1943 all’aprile 1945). Per quanto riguarda i Sovietici e gli Jugoslavi, la loro proposta era la risposta militare contro l’aggressione all’integrità dei loro territori nazionali, perpetrata dall’Italia fascista, dal 1941 in poi : la tragica “campagna di Russia” a fianco dei tedeschi, prima con il CSIR (Corpo di Spedizione Italiana in Russia, 26 giugno 1941), poi con l’ARMIR (Armata Italiana in Russia) e l’invasione della Jugoslavia, il 5 aprile 1941.

Bibliografia – “Foiba di Basovizza”, comune di Trieste, 2001, note di Raoul Pupo

“Atlante della Storia: Trieste”, di Lino Monaco, ed. Demetra

 “Venezia Giulia. Immagini e problemi. 1945”, di Raoul

   Pupo, ed. Goriziana, 1992        

NOTE RELATIVE AL TERRITORIO “IUGOSLAVO”

1278 d.C.     la Slovenia passa sotto l’autorità degli Asburgo di Vienna, durata fino al 1918

1526                                    

la Croazia, fino allora governata dal re d’Ungheria, passa sotto il dominio degli Asburgo di Vienna, durata fino al 1918

1908                                    

6 ottobre, l’impero asburgico annette la Bosnia – Erzegovina creando una crisi nei rapporti con la Serbia

1914                                   

 28 giugno, assassinio dell’arciduca d’Austria, Francesco Ferdinando, a Sarajevo, e conseguente dichiarazione di guerra alla Serbia

7 dicembre, il governo serbo di Belgrado, riafferma la volontà di riunire tutte le popolazioni slave presenti nell’impero austro – ungarico (sloveni, croati, serbi)

1918            

3 novembre, armistizio di Villa Giusti a Padova, che sancisc la fine dell’Impero d’Austria e Ungheria e l’occupazione di tutte le terre slave da parte degli Asburgo

23 novembre, un congresso nazionale, proclama l’unione dei regni di Serbia e Montenegro con i territori di Croazia e Slovenia, sotto la dinastia serba dei Karagjorgjevic, di Pietro I° e poi di Alessandro I° (1921-1934)

1 dicembre, si costituisce il regno serbo-croato-sloveno reggente Alessandro I° Karagjorgjevic

1921 – 1926

si sviluppa una politica che accentra nelle mani dei serbi tutto il potere (ministro N. Panic)

1927                                    

 accordo con Romania e Cecoslovacchia per la difesa dei confini del regno serbo-croato-sloveno, soprattutto in funzione anti ungherese (Piccola Intesa) firmato un trattato di amicizia con la Francia

1929            

viene in uso il termine “Iugoslavia”, per sviluppare in tutto territorio del regno, una spinta nazionalistica e patriottica che superasse le diverse etnie e i movimenti indipendentisti che si stavano sviluppando (anche con atti terroristici), soprattutto da parte degli Ustascia croati, con l’appoggio e il supporto dell’Italia e Ungheria, in funzione antiserba.   Si accentuano le spinte nazionalistiche dei croati e sloveni altre minoranze etniche, verso il dispotismo accentrato dei Serbi, con lo sviluppo di movimenti terroristici (Ante Pavelic in Croazia, sostenuto dal fascismo italiano).

1934            

ottobre, re Alessandro I°, in visita in Francia, è assassinato a Marsiglia, da terroristi ustascia croati. Succede al trononPietro II° (1934-1941), sotto la reggenza del cugino Paolo

1937                                   

24 gennaio, accordo con la Bulgaria (fiancheggiatore dell’Asse), e decadenza della “Piccola Intesa”;

25marzo, accordo di amicizia con l’Italia valido 5 anni.

1939            

agosto, viene concesso alla Croazia, un statuto di entità autonoma

settembre, allo scoppio della II^ Guerra Mondiale, la Iugoslavia si dichiara neutrale, ma la situazione evolve verso un accordo con la Germania e l’Italia

1941     

marzo, patto tripartito con Germania e Italia, che segna la fine della neutralità iugoslava dopo pochi giorni ambienti militari iugoslavi anti tedeschi attuano un colpo di stato, che rovescia il governo di Paolo e riporta Pietro II° al diretto controllo dello Stato, attraverso il governo del generale Simovic. La prospettiva del passaggio della Iugoslavia in campo avverso, inducono Hitler e Mussolini ad una fulminea operazione militare (5-6 aprile), che porta all’occupazione dell’intero paese in pochi giorni (18 aprile). Re Paolo e il governo si trasferiscono a Londra. La Iugoslavia viene smembrata : la Croazia diviene indipendente, assume il potere Ante Pavelic con la sovranità nominale del principe Aimone di Savoia-Aosta, includendo nel proprio territorio la Bosnia e l’Erzegovina ; la Slovenia viene divisa tra Germania e Italia (assegnata all’Italia la provincia di Lubiana che viene aggregata al territorio italiano); la Macedonia va alla Bulgaria (alleata dei tedeschi); il Kossovo, all’Albania (dal 1939, sotto sovranità italiana); la Backa e la Vojvodina, all’Ungheria; la Serbia sotto amministrazione tedesca; il Montenegro indipendente, sotto il protettorato italiano.

1942                                     

26-27 novembre, si sviluppa in tutto il paese un possente movimento partigiano inizialmente diviso tra partigiani monarchici (cetnici) del col. Miliajlovic, e quelli comunisti di Tito (Josip Broz). Questi ultimi prevalgono e formano un Fronte di Liberazione Nazionale

1943                                     

29-30 novembre, riconoscimento dell’AVNOJ (Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale Jugoslavo), con funzioni di governo provvisorio sotto la direzione di Tito, che ottiene il riconoscimento e l’appoggio inglese (conferenza di Teheran). Viene proibito al re di rientrare nel paese.

31aprile-maggio, si completa la liberazione dell Iugoslavia dalle truppe di occupazione tedesche e italia (della RSI). La Iugoslavia fu l’unico paese occupato liberarsi con le proprie forze ;

11 novembre, le elezioni confermano la maggioranza al Fronte Nazionale dei partiti titoisti. Viene dichiarat decaduta la monarchia e proclamata la Repubblica Popolare Federale di Iugoslavia, con una costituzione sul modello Sovietico (31 gennaio 1946). Fine della dinastia dei Karagjorgjevic.

REPUBBLICA DI VENEZIA – RIFERIMENTI STORICI ISTRIANI

476 d.C.       una ribellione di milizie barbariche capeggiata da Odoacre

                       pone fine all’Impero Romano d’Occidente.

932           i cittadini di Capodistria si impegnano a donare ogni anno al doge di Venezia, 100 anfore di vino (14 gennaio).

977           12 ottobre, rinnovo dei patti con Capodistria.

1002         16 novembre, l’imperatore Enrico II° conferma i privilegi

                    veneziani e riconosce al doge il titolo di duca dei Venetici e

                     dei Dalmati.

1018            spedizione militare di Ottone Orseolo in Dalmazia.

1038            costruzione del duomo di Caorle.

1062            spedizione del doge Domenico Contarini in Dalmazia.

1076            8 febbraio, i Dalmati si impegnano solennemente a non concedere ospitalità ai Normanni.

1094             il doge di Venezia si intitola Duca di Dalmazia e di Croazia.

1097              re Colomanno d’Ungheria occupa di sorpresa parte della Dalmazia.

1105              re Colomanno d’Ungheria entra trionfalmente a Zara.

1115 – 1116   campagna militare veneziana in Dalmazia che riconquista

                       Zara e Sebenico.

1124              estate, Stefano re d’Ungheria invade la Dalmazia e si riprende Spalato e Traù.

1125              15 maggio, l’armata veneziana nell’Adriatico riconquista Spalato e Traù.

1133               gli ungheresi nuovamente in possesso di Spalato, Traù e Sebenico.

1150               nuova sollevazione a Pola e Capodistria sedata dalla flotta veneziana.

1164               repressione di una rivolta a Zara.

1183               re Béla III° d’Ungheria riprende Zara.

1202               10 novembre, sbarco dei Crociati a Zara. fine anno, arrivo a Zara degli inviati del pretendente bizantino Angelo Alessio e del cognato Filippo di Svevia.

1239               Giovanni Tiepolo doma l’insurrezione di Pola.

1261               Dedizione di Parenzo ai Veneziani.

1277               ribellione di Capodistria.

1278               La Slovenia passa sotto l’autorità degli Asburgo di Vienna.

1281               pace con Ancona e dissidio con i Triestini.

1282               Trieste si arrende ai Veneziani.

1313               Zara ribelle ritorna all’obbedienza a Venezia.

1318                dedizione di Valle d’Istria a Venezia.

1322               15 marzo, Sebenico giura fedeltà a Venezia.

1331                Pola riconferma la propria dedizione a Venezia.

1358               Ragusa si affranca dalla dominazione di Venezia